In questo articolo si racconta una serie di suggestioni su Follonica tratte dalle memorie di Leopoldo II, una sorta di diario in cui il Granduca racconta con dovizia di particolari e indubbia prosa, la sua esperienza in Toscana, terra in quegli anni, i primi decenni dell’800, dai molteplici aspetti, ricca e sfarzosa, ma anche, nelle lande della costa centro meridionale, afflitta da miseria, malattia e morte.

La Maremma entra nel cuore di Leopoldo che cerca nei modi più diversi di risollevarla da quello che sembra un destino ineluttabile.

Nel 1828 Leopoldo tra i suoi viaggi nel Granducato ne compie uno, a cavallo, da Piombino verso Follonica e quindi al Puntone. Le nostre prime suggestioni vengono da qui: lungo la Cornia (Leopoldo per i corsi d’acqua usa il genere femminile, uso rimasto in Maremma fino a giorni nostri) ancora non incanalata nel suo tratto terminale, le terre si impaludavano creando trappole mortali per uomini ed animali: “… si vide un bove fitto nella mota fino al collo: con l’aiuto dei cavallari fu legato, si trasse fuori, stette in piedi, ricadde e rimase….”

Il viaggio continua tra mille difficoltà e con tempi oggi inimmaginabili e passato Vignale: “…Follonica apparve. Fiumi d’acqua calda precipitosi movevano edifici, erano mezzi industriali e speranze di Miniere nel Massetano, gli uomini erano dall’interessi condotti nel campo dove morte mieteva…”

Follonica città industriale, in cui l’acqua della Gora fornisce la forza viva alle macchine delle fonderie. La malaria però incombe: nei campi si muore, ma si muore anche in fonderia, tanto che a Giugno la fabbrica chiude i battenti e riapre solo a Novembre. In estate si torna dalla famiglia, spesso lontana,

nell’Appenino e oltre.

Per secoli la Maremma è stata terra di malattia e di miseria, aspetto che appare anche nelle prime foto d’epoca in cui questi aspetti si notano al primo sguardo, nelle viste, squallide, di città e campagne, ma soprattutto nell’aspetto dei suoi abitanti.”